Informazioni e osservatorio legale sugli strumenti finanziari derivati
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“I DERIVATI HANNO FATTO CHIUDERE L’AZIENDA”



L’accusa: aver indotto in errore “con artifizi e inganni” una società di mobili e divani e averla convinta a sottoscrivere prodotti finanziari ad altissimo rischio per trarne profitto. L’azienda licenziò 430 operai. La truffa ipotizzata si aggira intorno ai 15 milioni

Il pubblico ministero di Bari, Isabella Ginefra, ha chiesto il rinvio a giudizio per 20 funzionari di Unicredit, per aver indotto “con artifizi ed inganni” in errore la clientela, e in particolare l’azienda di salotti Divania Spa – Divania Srl, circa la vantaggiosità dell’acquisto, mediante sottoscrizione di contratti, di prodotti finanziari derivati, procurando in tal modo ai clienti un danno ingiusto. A vario titolo agli indagati viene contestato di aver negoziato prodotti finanziari derivati quale strumento di ‘copertura’ del rischio di variazioni avverse dei tassi di cambio e dei tassi di interesse, sottacendo dolosamente, sostengono i magistrati, la natura prevalentemente speculativa di tali contratti e prospettando così una falsa rappresentazione della realtà che condizionava la formazione della volontà del cliente, inducendolo in grave errore. Una ricostruzione respinta dalla banca, che in una nota spiega: “UniCredit conferma di aver operato correttamente sulla vicenda Divania ed è quindi confidente che anche il  vaglio della magistratura possa far emergere l’assenza di irregolarità”.

I dirigenti di “Unicredit Banca d’impresa spa” utilizzavano “artifici e raggiri” per trarne profitti e sono accusati, a vario titolo, di truffa aggravata, appropriazione indebita ed estorsione ai danni della società Divania srl di Modugno. Dei reati di truffa aggravata e appropriazione indebita sono accusate 12 persone. I componenti del Cda dell’istituto di credito, Luca Fornoni e Davide Mereghetti “ideavano, ingegnerizzavano e implementavano prodotti finanziari derivati over the counter”, vale a dire mercati alternativi alle borse vere e proprie, di solito, non regolamentati. Sono quindi il complesso delle operazioni di compravendita di titoli che non figurano nei listini di borsa. Altri 10 imputati, tra i quali il ‘responsabile erogazione crediti della direzione regionale centro sud Roma’ della unicredit Corporate Banking spa, Francesco Conteduca, il ‘responsabile della direzione regionale centro sud Roma’ della Unicredit Corporate Banking spa, Alfredo Protino e i responsabili, con diverse mansioni, delle filiali di Bari Zona Industriale e Bari via Putignani, “si occupavano – si legge nel capo di imputazione – della rimodulazione dei prodotti truffaldini (già offerti e collocati tra il 1998 ed il 2002 da altri colleghi, nei cui confronti il reato si è prescritto, alla clientela del Credito Italiano spa/Unicredit Banca spa fino al dicembre 2002 e, dal gennaio 2003, dell’Unicredit Banca d’Impresa divenuta, in data primo aprile 2008, Unicredit Corporate Banking spa)”.

Secondo l’accusa i 12 imputati ai quali è contesta la truffa e l’appropriazione indebita “con artifici e raggiri, al fine di trarne profitto per gli istituti bancari di appartenenza (UBM e UBI facenti parte del gruppo Unicredit), nonché per se stessi, inducevano in errore la clientela (ed in particolare Francesco Saverio Parisi, rappresentante legale della società Divania), circa la vantaggiosità dell’acquisto (mediante sottoscrizione di contratti) di prodotti finanziari derivanti”. Secondo l’accusa, i derivati ad altissimo rischio sottoscritti con Unicredit avrebbero causato il fallimento dell’azienda barese. Nel 2006 (in seguito agli effetti catastrofici di quei derivati, sottoscritti a partire dal 2000) ha chiuso, licenziando 430 operai. La truffa complessiva ipotizzata dalla procura di Bari si aggira intorno ai 15 milioni di euro.

L’indagine è stata avviata dopo la denuncia del titolare di Divania, Francesco Saverio Parisi. Unicredit non lo avrebbe informato correttamente dei rischi connessi agli strumenti di finanza complessa che stava acquistando, proponendoli anzi come sicuri. La società, che produceva mobili imbottiti, ha avviato un parallelo processo civile, chiedendo a Unicredit la restituzione di 219 milioni di euro più 61 di interessi.

(da “Repubblica Bari” del 19 ottobre 2011)

http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/10/19/news/unicredit-23512172/

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