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IL TRIBUNALE DI LECCE ORDINA AD UN ISTITUTO BANCARIO DI SOSPENDERE GLI ADDEBITI SU CONTO CORRENTE E DI RITIRARE LA SEGNALAZIONE ALLA CENTRALE RISCHI



Commento a cura dell’avv. Giuseppe Angiuli

Con l’ordinanza del 9 maggio 2011, emessa in sede collegiale a seguito di reclamo proposto da una banca avverso un provvedimento cautelare di prime cure, il Tribunale di Lecce – sezione commerciale (Presidente e relatore il dott. Alessandro Silvestrini) ha respinto la richiesta dell’istituto volta a far venir meno gli effetti di un provvedimento con cui lo stesso organismo giudiziario aveva già accolto le ragioni della parte ricorrente. In primo grado, il giudice monocratico del Tribunale salentino aveva infatti ritenuto che, data la complessità della vicenda, tale da richiedere particolari approfondimenti di merito, sussistesse per intanto un pericolo di danno grave e irreparabile per la società acquirente di un derivato interest rate swap al punto da potersi subito sospendere, in via cautelare ed urgente, tanto l’addebito dei differenziali negativi sul conto corrente della stessa impresa quanto la consequenziale segnalazione alla Centrale Rischi.

La peculiarità della vicenda all’esame dei giudici leccesi risiede nel fatto che, a fronte della doglianza mossa dalla società-cliente della banca, che aveva contestato l’assenza di alcuna finalità di copertura nello strumento finanziario nella fattispecie negoziato, abbia fatto da contraltare la pacifica ammissione, da parte dell’istituto, circa la legittimità dell’avere venduto un prodotto derivato ancorchè esso si contraddistinguesse per una finalità meramente speculativa (cd. trading): in sostanza, secondo la tesi qui sostenuta dalla difesa della banca, il fatto di cedere al cliente un derivato che persegua una finalità dichiaratamente speculativa ben reggerebbe il contratto sia sotto il profilo della sua causa (ritenuta lecita) che sotto quello del suo oggetto (ritenuto determinabile).

Riesaminando la fondatezza della domanda cautelare (il cd. fumus boni iuris), quindi, i giudici del collegio salentino hanno fatto una prima importante affermazione circa la certa applicabilità, anche nei rapporti tra banche e clienti qualificabili come “operatori qualificati” (ex art. 31 del regolamento CONSOB n. 11522 del 1998), del canone generale previsto all’art. 21 del T.U.F. (decreto legislativo n. 58 del 1998), vale a dire dell’obbligo per la banca di comportarsi sempre e comunque “con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati“. Sulla base di tale disposizione di rango primario – stando a quanto lascia intendere il Tribunale di Lecce – non può essere certo ritenuto sufficiente, per la banca, trincerarsi dietro l’argomento di avere avuto a che fare con un cliente “esperto” per sottrarsi finanche ai fondamentali obblighi di trasparenza e correttezza che devono sempre e comunque informare la condotta di un soggetto intermediario.

A questo proposito, il Tribunale non ha mancato di rilevare come in tale ottica “la logica “antagonista” del contratto di scambio deve cedere il posto, anche quando l’intermediario negozia in proprio con un cliente, alla cooperazione nell’interesse altrui, regola immanente alla prestazione di un servizio riservato soltanto a soggetti abilitati (art. 18 T.U.F.)“.

Nel corso del procedimento in discorso, è stata espletata una consulenza tecnica che ha consentito di smascherare due aspetti inquietanti connessi alla struttura del derivato IRS, entrambi sottaciuti dalla banca: in primo luogo, la presenza di un mark to market (valore di mercato) già negativo al momento della negoziazione del prodotto; in secondo luogo, la presenza di costi occulti (definibili up front) legati alle operazioni di ristrutturazione del derivato, promosse dalla banca ad una certa distanza dalla sottoscrizione del primo contratto.

Merita altresì menzione la motivazione addotta dai giudici a sostegno della ravvisata sussistenza dell’elemento delpericulum in mora, trattandosi nella fattispecie di un procedimento cautelare: come già statuito dal Tribunale di Bari (provvedimento del 15.7.2010), anche a detta del consesso salentino, per un’impresa pesantemente indebitata a causa degli strumenti derivati, la sospensione d’urgenza degli addebiti sul conto corrente è funzionale a metterla al riparo da una ben possibile situazione di tracollo finanziario. Il provvedimento ex art. 700 c.p.c., pertanto, non realizzerebbe un effetto interamente anticipatorio dell’esito della causa di merito ma mirerebbe unicamente ad “evitare che la perdurante operatività del contratto provochi un ulteriore aggravamento della sua precaria situazione finanziaria“.

Qualora l’orientamento del Tribunale di Lecce trovasse adeguata diffusione presso altri organismi giudiziari, crescerebbe la speranza per molte imprese (ed enti locali), ove pesantemente indebitati, di vedere quanto meno sospesi, in attesa della conclusione della causa di merito, gli effetti perniciosi sui propri bilanci scaturenti dall’indebitamento da strumenti derivati.

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 Link al provvedimento (pubblicato su www.ilcaso.it):
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/5292.php

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