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LA COMMISSIONE IMPLICITA IN UNO SWAP E’ UN INDEBITO RIPETIBILE: IL TRIBUNALE DI PESCARA DA’ RAGIONE AL COMUNE DI PENNE



Commento a cura dell’avv. Giuseppe Angiuli

La novità giurisprudenziale apportata dalla pronuncia in commento (Tribunale di Pescara, sentenza 3 ottobre 2012, n. 1241, pubblicata su www.ilcaso.it, I, 7967, 22/10/2012) risiede nel fatto che un Comune è qui riuscito a ripetere delle somme dalla banca senza che la Giustizia abbia dovuto preventivamente dichiarare nullo o risolto il contratto derivato.

Come è avvenuto per molti altri enti locali del nostro Paese, anche il Comune di Penne aveva stipulato nel 2002 un contratto del tipo interest rate swap a garanzia del rischio di rialzo dei tassi d’interesse variabili in relazione ad una operazione di finanziamento.

Tra il 2002 e il 2004, analogamente a tante altre situazioni di questo tipo, l’ente si era poi visto progressivamente sostituire, per tre volte di seguito, il prodotto IRS con un altro della stessa specie.

E come per altri casi, al momento di ogni sostituzione del vecchio swap con quello nuovo, la banca aveva apparentemente “premiato” la amministrazione locale elargendole un up-front, ossia un premio di liquidità.

Nel 2008 il Comune, dopo avere registrato delle pesanti perdite in relazione all’ultimo derivato stipulato in ordine di tempo, aveva deciso di sospendere unilateralmente il pagamento dei flussi negativi di interessi, trascinando l’istituto intermediario B.N.L. dinanzi al Tribunale civile di Pescara, a cui aveva chiesto pronunciarsi, in via preliminare, la nullità, l’annullamento ovvero la risoluzione dell’unico contratto swap ancora operativo, denominato Purple collar.

In aggiunta a tali domande, l’ente aveva altresì chiesto disporsi la restituzione a suo favore dell’indebito oggettivo maturato ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. in relazione ad alcune somme versate in pendenza dei vecchi prodotti swap.

In corso di causa, la Giunta comunale di Penne decideva tatticamente di non insistere più sulla richiesta di invalidazione dell’ultimo derivato concluso in ordine di tempo e di insistere unicamente sulla ripetizione di quanto versato in relazione agli swap precedentemente in essere.

Il Tribunale di Pescara (Presidente dott. Bozza, estensore dott.ssa Ursoleo), dopo avere disposto una c.t.u. contabile, ha accertato la presenza di commissioni occulte applicate dalla banca a due vecchi swap ed ha dunque accolto la sola domanda ripetitoria tra quelle formulate dal Comune, fissando un importante precedente giurisprudenziale.

Ricordiamo come nell’ambito della finanza degli enti territoriali, la rinegoziazione di un derivato, con contestuale erogazione di un up-front, assolve molto spesso a due finalità apparentemente benefiche per l’amministrazione locale: l’incameramento di un premio di liquidità dà provvisoriamente un po’ di respiro alla capacità di spesa corrente e sembra consentire all’amministrazione locale, al tempo stesso, di “fare quadrare i propri conti” in bilancio, spostando il rischio di insolvenza dell’ente in un futuro più o meno prossimo.

In altri termini, accade molto spesso che le amministrazioni locali, dovendo in qualche modo soddisfare l’esigenza di fare cassa, si fanno convincere dalle banche a stipulare (ovvero a rinegoziare) un prodotto derivato, mosse proprio dall’incentivo costituito dall’up-front erogato nella fase iniziale del (nuovo) rapporto.

Quello che però molti amministratori spesso sottovalutano è che l’up-front, in realtà, altro non è che un parziale risarcimento del valore negativo del derivato: ed è proprio dall’analisi di questo aspetto delicato del rapporto che prende spunto la significativa decisione dei giudici pescaresi.

Essi hanno innanzitutto ricordato come la normativa di fonte secondaria (allegato 3 al regolamento CONSOB reso con delibera n. 11522/98, paragrafo 4 della parte B) impone sempre che, al momento della sua stipula, il valore dello swap sia nullo.

Il valore nullo dell’IRS sta a significare che “i contraenti devono concordare sul fatto che la somma algebrica attualizzata dei flussi positivi e negativi e del valore delle opzioni scambiate deve essere pari a zero”.

Alla stregua di tale principio-base, il Tribunale abruzzese ha dunque fornito una chiara definizione del concetto di up-front, affermando quanto appresso: “Ove invece gli swaps fossero ab origine contratti non par, ossia laddove presentassero al momento della stipula un valore di mercato negativo per una delle due controparti, in quanto uno dei due flussi di pagamento non riflette il livello dei tassi di mercato, l’equilibrio finanziario delle condizioni di partenza dovrà essere ristabilito attraverso il pagamento di una somma di danaro da parte del contraente avvantaggiato al contraente svantaggiato e tale pagamento, che dovrebbe essere pari al valore di mercato di negativo del contratto, prende il nome di up-front”.

Nel caso di specie, la c.t.u. ha accertato che almeno due dei vecchi contratti IRS negoziati dal Comune di Penne presentavano un valore negativo di mark to market sin dal momento della loro stipula e che, in entrambi i casi, la banca aveva erogato degli up-front di importo insufficiente a rifondere il Comune di tale valore negativo: tutto ciò aveva finito per far sorgere – secondo i giudici di Pescara – delle commissioni implicite a carico dell’ente pubblico.

Inoltre, la disamina del regolamento contrattuale di entrambi i prodotti IRS ha consentito ai giudici di desumere la natura implicita (e perciò stesso indebita) della commissione in parola dalla semplice constatazione che “i contratti di swap escludevano qualunque importo a titolo di commissioni”.

A detta del Tribunale di Pescara, dunque, se l’importo dell’up-front elargito dalla banca non è tale da coprire il valore iniziale negativo del derivato, un ente pubblico non può farsi carico della commissione implicita incamerata in tal modo dalla banca, posto che una prassi di questo tipo risulterebbe contraria quanto meno ai principi generali regolanti i rapporti tra finanza pubblica e strumenti derivati (in primis, all’art. 41 della legge finanziaria per il 2002).

La stessa circostanza “che la banca abbia corrisposto, per ciascun contratto, l’up-front non in misura integrale, per come sarebbe stato in considerazione del valore negativo di MTM dei contratti per il Comune, caricando sul cliente il pagamento di commissioni non previste, anzi escluse dai contratti de quibus, configura l’ipotesi di pagamenti, da parte del Comune, ab origine indebiti, mancando la causa giustificativa dei pagamenti stessi”.

Una volta delineato nei termini suesposti il concetto di “commissione implicita” a carico del Comune, è risultato quindi semplice calcolare quanto la banca intermediaria dovesse restituire all’ente pubblico, coincidendo tale somma nello scarto tra il valore negativo del mark to market per l’ente e l’importo dell’up-front incassato alla stipula di ciascuno swap.

Nella fattispecie in esame, dunque, la B.N.L. è stata condannata a restituire la complessiva somma di 672 mila euro al Comune abruzzese a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ., con l’aggiunta degli interessi legali dalle date in cui avvennero le rispettive negoziazioni degli swap.

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Link al provvedimento:

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/7967.php

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